L’IMBROGLIO

di Alberto Guidorzi.

Forse non sapete l’etimologia del vocabolo “imbroglio”. Esso deriva dal seguente modo di dire dei veneziani durante la Serenissima: “i lo ga dito in brolo”. A quel tempo, dopo le funzioni religiose in San Marco l’aristocrazia veneziana si riuniva nell’attiguo giardino (“brolo” in dialetto veneziano) a scambiarsi pareri e discutere.

Evidentemente per il popolino ciò che si diceva in quell’alto consesso era come oro colato ed infatti molti “influencer” di allora ne approfittarono aggiungendo al loro dire: “guarda che i lo ga tito in brolo”. Inizialmente forse l’influencer agiva anche correttamente, ma successivamente saranno stati più quelli che usavano il detto per ingannare il prossimo. Cioè “in brolo” è diventato “imbroglio”. Se leggerete il seguito di questo mio scritto forse troverete delle analogie a quanto vi ho raccontato sopra.

L’energia è il cuore dello sviluppo delle società. Essa è il motore dell’economia come dimostra l’aumento del PIL in parallelo con il consumo di energia. Attenzione! Solo quando l’energia è a buon mercato.

L’energia non la si crea, la si può solo trasformare; concetto questo basilare, ma non tenuto in conto dai media e dai politici. Inoltre in natura l’energia non è mai in forma direttamente utilizzabile, cioè la si deve trasformare, ma ogni trasformazione implica un consumo di parte dell’energia di partenza.

Esiste un rapporto chiamato Energy Returned On Energy Invested (EROI) che esprime semplicemente l’idea: “Quanta energia utile recupererò rispetto all’energia che spenderò per ottenerla?”

Questo rapporto deve essere sempre maggiore di uno (altrimenti sarebbe un trasformare in perdita) e tiene conto di tutta l’energia spesa nel ciclo di una produzione e nello smaltimento della stessa. E’ evidente che se l’ENROI è uguale a 1 è come se spendessi 100 per ricavare 100 (popolarmente si dice che si è solo girato il denaro).

Tuttavia in pratica si conosce con certezza quanta energia ho ricavato dopo una trasformazione, ma l’energia spesa spesso non è sempre calcolabile, pertanto si è stabilito che il rapporto ENROI deve essere ben superiore ad uno se si vuol tener conto dell’incertezza nel calcolo dell’energia spesa e operare una trasformazione di energia accettabile.

Ebbene l’Agenzia dell’Energia ha stabilito che il rapporto dovrebbe essere uguale come minimo a 6.

Guarda caso l’eolico ed il fotovoltaico non arrivano al fatidico 6.

Le energie che hanno un rapporto oltre il 6 cominciano a definirsi “dense”. Quali sono? Esse sono comprese nella tabella che si riporta e ripresa da Marc Halévy pubblicata sul libro “Energie&Ecologie”. Tra l’atro la storia dell’uomo ci mostra che esso si è evoluto ricorrendo a energie sempre più dense: l’energia animale, l’uso del vento per mulini o barche, la potenza motrice dell’acqua e poi del calore (macchine termiche), quindi l’uso dell’energia dell’atomo.

Si sente spesso dire che il vento ed il sole sono gratuiti ed i politici italiani lo dicono a ogni piè sospinto volendo far credere che si produce un’energia a costo zero, cioè si limitano a dire che la fonte è gratuita, ma non ci dicono quanto costa il processo di trasformazione dell’energia che ci proviene dalle fonti.

In altre parole non ci dicono quanto costa la loro trasformazione in elettricità che secondo la tabella riportata ed il parere di esperti non è detto che i ricavi siano almeno uguali ai costi.

La produzione di elettricità dal vento e dal sole è per giunta variabile in modo casuale e addirittura intermittente, inoltre le produzioni si basano su tecnologie proibitive, soprattutto considerando i mezzi di stoccaggio (batterie, idrogeno …) e produzione (gas, carbone …) con in più l’obbligo di accogliere le loro produzioni anche quando non corrispondono necessariamente al bisogno. Voler imporre questa tecnologia è fondamentalmente antiecologico perché consuma troppa energia rispetto alla sua produzione lungo il suo ciclo di vita.

A questo proposito molto istruttivo è il caso della Danimarca.

La Danimarca ha installato molte turbine eoliche e si trova regolarmente con un eccesso di produzione di elettricità durante i picchi. Per poter scaricare l’eccesso di produzione (che è essenziale per non danneggiare la rete elettrica), è stato stipulato un accordo con la Norvegia, nel senso la Danimarca cede a questa la sua produzione di elettricità nei momenti di eccesso di produzione e questa la utilizza per far rimontare l’acqua nei suoi bacini idroelettrici; acqua che appunto nel precipitare a valle ha fatto girare le turbine dei generatori elettrici.

Dato che gli impianti idroelettrici sono pilotabili, la Norvegia userà quest’acqua per produrre elettricità quando maggiori saranno le richieste di mercato.

Questa elegante soluzione di usare gli accumuli di energia elettrica ha anche un’eccellente efficienza (80%).

Detta così sembra proprio di essere in presenza della soluzione, ma il tutto perde quasi totalmente il suo “ottimo” quando si passa ad una valutazione finanziaria.

Durante i picchi di produzione danesi, il prezzo di mercato dell’elettricità è molto basso perché c’è sovrapproduzione e quindi la Norvegia acquista elettricità danese al prezzo marginale di produzione per megawattora idroelettrico, vale a dire quasi nullo.

In seguito, durante i picchi di consumo, la Danimarca acquista dalla Norvegia elettricità idroelettrica, i cui prezzi, però, in presenza di domanda sostenuta, non saranno più marginali, ma molto più elevati.

Dato che anche in Danimarca come ovunque l’eolico è sussidiato da aiuti pubblici, e che quindi paga “pantalone”, ecco che i danesi hanno obbligato lo Stato a smetterla di autorizzare progetti di parchi eolici.

Una situazione simile avviene anche per i parchi fotovoltaici.

Ritorna, a questo punto, il quesito già posto: ma possibile che sia così difficile comprendere il reale quadro economico-finanziario in cui si va ad inserire la produzione di elettricità da fonti rinnovabili e quindi riflettere?

La risposta però non la si trova nella logica di quanto esposto bensì nel fatto che gli ambientalisti rincorrono una nuova religione che nega le leggi della fisica.

Molti di loro portano un odio per il mondo descritto dalla filosofa Chantal Delsol.

Per questa categoria di individui, l’uomo è un male per la natura.

Esso, se non fa le scelte da loro indicate, dovrà presentarsi colpevole davanti al nuovo “dio Madre Natura” che questi “ecologisti” radicali pensano di rappresentare.

Inoltre a questi danno man forte, nel drogare il pensare dell’opinione pubblica, gli stakeholder del business delle rinnovabili; ci mancherebbe altro che non lo facessero visto che vi è da mungere una vacca con tanto latte!

Il terzo attore, cioè il politico, in questa situazione viene a trovarsi nella condizione ottimale nel preferire di favorire il processo: si trova di fronte a un’opinione pubblica ipocritamente disinformata e, poi può entrare nel controllo della distribuzione di denaro pubblico.

Per gli aspiranti deputati e senatori delle prossime elezioni è un po’ la quadratura del cerchio.

Ecco spiegato perché non vi è partito politico che non propugni l’incremento delle energie rinnovabili.

Rispondi